Parole per Sara

Il 23 ottobre Sara ha compiuto diciotto anni. Era splendida, luminosa, sorridente e serena. Come la mamma, soprattutto nei momenti importanti. So infatti che lo avrebbe vissuto con gioia come uno dei giorni più belli della sua vita, come lo è per me. E quella sera Anna era in qualche modo lì con noi. D’altronde lo è stata talmente, in questi nove anni, da rendere la sua presenza nei momenti importanti comunque più forte della sua assenza. Tuttavia, so anche che sapere di non poterle vedere crescere e accompagnarle è stata la sua più grande pena.

Ciò che invece non so è se ai diciotto anni di Sara avrebbe parlato e cosa avrebbe detto. Sicuramente avrebbe scritto. E quindi ho pensato che oggi non sarò io a scrivere, come di consueto in questo anniversario, ma lascerò a lei la parola, trascrivendo ciò che Anna annotò in un quadernetto in occasione di tre compleanni di Sara, precisamente per i suoi quattro, sette e otto anni. Vi lascio così alle sue parole. Alle sue parole per Sara.

“Quattro anni fa a quest’ora eri appena nata e forse in questo momento papà ti teneva ancora in braccio, mentre io mi svegliavo dall’anestesia. Amore mia sei nata alle 9.15 di un bel sabato, dopo un cappuccino + cornetto fantastici. Oggi facciamo una festa a casa con tutti i tuoi compagnucci di scuola. Speriamo sia una festa carina. E’ da quattro anni che sappiamo cos’è la felicità. Tenerti tra le braccia è un concentrato di energia e vita. Sei la mia felicità, speriamo che sia una bella festa, te la meriti.”

“Buon compleanno amore mio. Questa mamma non lo sapeva cos’era la felicità vera prima che tu arrivassi tra le mie braccia e non c’è altro al mondo che vorrei essere se non la tua mamma e di Lea. Ti voglio tanto bene, oggi pomeriggio facciamo la festicciola come lo scorso anno (ovviamente piove!!) speriamo che sia bella, lo sarà. Sei bella tu amore mio. Sei forte, profonda, fantastica rompipalle e soprattutto AMOREVOLE”

“Abbiamo festeggiato i tuoi 8 anni l’altro giorno con una bellissima festa in giardino e tutte le tue compagnucce di scuola (c’era un’animatrice “circense”). Io ero stata in forma nei giorni precedenti e ho cucinato tutto da sola, tutte cose buonissime: sono stata molto contenta. Tu sei stata felicissima, la sera mentre leggevi un biglietto di auguri a libro hai detto: “non pensavo che le mie amiche mi volessero così bene. Cioè, lo so che mi vogliono bene, ma non pensavo che me ne volessero così tanto!”, ed è un bellissimo sentimento, di cui sono proprio grata a questo compleanno. Amore mio che i tuoi 8 anni siano bellissimi!”

Che coppia saremmo

Talvolta penso a che tipo di coppia saremmo stati oggi Anna ed io. Al tipo di relazione che avremmo avuto dopo venti anni di vita insieme. Come ci saremmo guardati, parlati, toccati.

A dire il vero è un pensiero che non mi attraversa così spesso, come una domanda cui non serve dare risposta, perché già la possiedo e perché comunque non so cosa farmene.

Eppure mi sorprendo, quando ad esempio sono solo in un albergo a fare colazione e mi fermo ad osservare coppie non più giovani. Vedo in loro i ragazzi che erano, i pochi gesti abituali che scambiano, poi magari una telefonata con un figlio che vive o studia all’estero, e poi di nuovo parole a voce bassa. Come se la grande opera della loro vita fosse oramai alle spalle.

Chiesi ad Anna di sposarmi a novembre del 2001, di ritorno da uno dei miei viaggi in Sicilia. Non ci crederete, ma non ho mai sentito che quel progetto di vita si sia interrotto. Guardo Sara e Lea e lo ritrovo in ciò che sono e diventeranno, nei loro viaggi e nei loro sogni, quelli che realizzano e quelli che avranno. Saranno sempre e per sempre anche i nostri.

E poi penso anche che ogni mio nuovo progetto, senza Anna, è lecito. In questi anni non l’ho mai vissuto in contraddizione con il nostro. E’ altro. Ed è stato già autorizzato da Anna stessa, prima che ci lasciasse, perché ogni mio sogno non avesse fine, con o senza di lei.

Ecco che tipo di coppia saremmo. Una coppia che sogna e prova a fare ogni giorno pratica di felicità. Ci siamo sforzati anche nei momenti più bui. Talvolta riuscendoci, altre fallendo. Una coppia che cerca e rinnova costantemente la fiducia in noi, nella nostra famiglia, nelle nostre relazioni più strette, nelle nostre scelte di vita e quotidiane.

Saremmo una coppia ancora gravida di fiducia.

La storia la scriviamo noi

Chissà come avrebbe vissuto Anna questo difficile e strano 2020. E’ un anno che resterà nella memoria di ciascuno di noi, delle nostre famiglie. Ci ricorderemo chi c’era e cosa facevamo.

Sono certo che il lockdown sarebbe stato vissuto come un’occasione straordinaria per lei, e avrebbe condiviso con Sara e Lea mille idee, mille libri, mille lavoretti o ricette, mille risate e mille abbracci. Tutti quelli che io non so e non ho il tempo e spesso neanche la forza di pensare. Anche se di risate e di abbracci nelle nostre serate a tre ne condividiamo davvero molti.

Immagino già i post che Anna avrebbe scritto sul blog, pieni magari di ironia per situazioni vissute ma al tempo stesso di vicinanza e comprensione per il lavoro, la fatica e il dolore di tanti.

E se ricordo gli anni in cui abbiamo condiviso nel profondo la preoccupazione, l’incertezza del futuro e la consapevolezza che il presente era l’unica nostra risorsa, allora mi sembra come di aver già vissuto con lei tutto questo, aver già affrontato con lei la necessità di lasciare tutto ciò che stavamo facendo e progettando, di accantonare il desiderio di una realtà che non sarebbe tornata più, e di accompagnare la sterzata improvvisa della sua e della nostra vita, cercando quanto meno di non sprofondare in un burrone.

In questo anno del Covid molti parlano di resilienza. Era una parola poco usata fino a qualche anno fa. Ma a me piace, come concetto e come parola. E ogni volta che la sento citare penso ad Anna. Maestra di resilienza.

Anna avrebbe potuto chiudersi in un lockdown del cuore e lasciare ciascuno di noi fuori. Ha invece provato a scrivere una nuova storia, aperta a chi volesse ascoltarla.

Per questo oggi, dopo sette anni, vi lascio con un messaggio non mio ma suo, come se la sua assenza si trasformasse ancora una volta in presenza, e attualità, pur in un anno come questo, così imprevedibile.

Ciò che si vive si può sempre raccontare. E so che oggi Anna ci ricorderebbe, ancora una volta, che la storia, comunque, la scriviamo noi.

Movimento

Novembre 2013. Novembre 2007.
Sei anni da quando ho dato l’ultimo bacio ad Anna. Dodici dal nostro ultimo weekend con le bambine prima della malattia. Prima di quel 5 dicembre che cambiò per sempre la nostra vita. E la nostra visione del futuro. E quindi del presente. Ora so che anche la percezione del passato si è modificata.
Ma torno ad oggi a guardare al passato per capire il presente, ritrovare il filo che lega tutto in un unico movimento.
6 anni + 6 anni. Potrebbe sembrare un viaggio di andata e ritorno, come un giro di boa per tornare al punto di partenza. Ma non è così. Ciò che siamo ora comprende ciò che fummo ma anche ciò che saremo.
A volte vorrei sentirmi anch’io “On the Widepeak” e possedere lo stesso sguardo, la stessa consapevolezza di Anna. Sulle cose, su di me, sugli altri.
Ma forse ciò che ci ha insegnato è che ognuno di noi può cercare di fermarsi ad ascoltare e a guardare bene intorno e dentro. E sostare, anche quando le cose non ci sembrano così chiare. Sarà questo ciò che Anna ci ricorda e che ci può aiutare nel viaggio della vita:
“Tutto ciò che esiste dapprima esiste nella nostra mente. Noi diventiamo ciò che pensiamo, e la nostra mente è il mondo.”
Possiamo andare avanti o indietro con la nostra mente. Saremo sempre nello stesso punto. Ma sempre in movimento.
E diventeremo ciò che siamo. Ciò che pensiamo di essere e di essere stati. Anna ce lo ricorda.
La vita è movimento.
Tutto è movimento.
Noi siamo movimento.

Il filo

“Consapevole che se ne sarebbe dovuta andare troppo presto, ci ha regalato tutti gli strumenti necessari per andare avanti, nonostante questa sua assenza che, oggi più che mai, è riuscita a rendere acuta presenza.”

Queste parole di Daniela, un anno fa, esprimono con precisione quello che penso, quello che sento, quello che è successo. Già, perché in questo mondo di Wide ciò che si pensa è esattamente ciò che si prova, e ciò che si prova corrisponde a ciò che si genera nell’incontro, nell’essere qui, insieme.

Non vorrei apparire troppo filosofico. Sto solo cercando di dirvi che ogni anno che passa, e in realtà ogni giorno che vivo, prendo coscienza di come Anna sia riuscita a trasformare il dolore per la certezza di doverci abbandonare in un’altra certezza, che possedeva solo lei, e che ci ha saputo comunicare, quella che di fronte alla vita, come alla morte, hai solo due strade: puoi scegliere di fuggire o di sostare, di vivere con consapevolezza o con l’inganno, accogliere il presente con amore o cercare di combatterlo in una cieca e disperata solitudine.

Questa capacità di vedere le cose e renderle visibili agli altri è stato un dono straordinario e unico, di quelli che trasformano la realtà e la cambiano per sempre. Un miracolo, quello che ognuno vorrebbe per sé e per le persone che ama, quello di rendere la propria assenza una presenza, avendo fornito a chi resta gli strumenti per non sentirsi mai più solo e senza via di uscita.

Ognuno è solo, in verità, sulla propria strada, e deve imparare a camminare, giorno dopo giorno, anche sbagliando e cadendo. Ognuno è artefice della propria vita e non può delegare altri né sostituirsi ad altri.

Ma dare l’esempio è possibile, così come provare a fare pezzi di strada insieme, scoprendo che anche la caduta serve, se la sai accettare e ne sai parlare, se insegni ad altri come ci si rialza.

Ritrovarsi ogni anno è come celebrare insieme questo miracolo, rinnovarlo. Ed è bellissimo per me leggere le vostre parole, perché qui, in questo luogo in cui Anna ci raduna, c’è solo la nostra umanità. Anche solo una volta l’anno, come intorno a un falò, ci riscaldiamo e ci riconosciamo, e sostiamo un attimo per scambiarci un bacio, una carezza, un sorriso.
Per condividere la gratitudine per quel dono, consapevoli che nulla torna ma tutto ciò che è stato vive in noi.

Cinque anni sono tanti e sono pochi. L’assenza è un vuoto ma anche una presenza. Il ricordo è dolore ma anche consapevolezza di un dono ricevuto. Mettere insieme gli opposti fino a quando non si toccano, per scoprire che il filo è lo stesso. Ecco cosa è riuscita a fare Anna, con il suo coraggio e la sua vita, e io provo a tenere ancora in mano quel filo, anche quando mi sembra si aggrovigli non lo mollo. Perché ho imparato a fidarmi.

C’è tanta fiducia nelle vostre parole e in questo nostro ritrovarci qui. C’è come un adesione del pensiero alla realtà. È come una luce che riscalda e illumina in un attimo la strada fatta e da fare, per non perdersi e non dimenticare. Perché anche il ricordo si trasformi in futuro e il filo che teniamo in mano oggi, e che un giorno consegneremo ad altri, non si spezzi mai.

Una luce che rischiara

 

Eccoci qui. Ancora per condividere con voi ciò che sento in questo giorno. Anche se un altro anno è passato. E tutto cambia. Ma non c’è contraddizione tra il ricordo e il cambiamento, oramai l’abbiamo imparato. Anna illumina non solo il passato ma anche il mio presente e il futuro. E’ stata talmente forte da generare una luce che non si spegne e si alimenta sempre, camminando. E illuminando la strada aiuta a percorrerla. Senza paura di farne ancora. Anche senza di lei. Dato che la faccio anche con lei e grazie a lei, in una relazione senza fine, per la vita.

Questa premessa per dirvi che stiamo bene. Le nane crescono. Serene. E io continuo a guardarle anche con gli occhi di Anna. Nonostante sia difficile a volte trovare le parole mie senza poter contare sulle sue. Ci provo. Anche con qualche risultato. Per fortuna oramai sono loro che mi aiutano spesso a trovare le parole con cui dare nome alle cose che accadono.

Voglio raccontarvi una cosa bella. L’8 novembre sono andato al concerto di Nick Cave, qui a Roma. Da solo. Ho comprato il biglietto e sono andato. L’avevo conosciuto grazie ad Anna che lo amava. Il concerto è stato bellissimo. Si è concluso con lui circondato da persone sotto e sopra il palco, con qualcuno che ogni tanto lo abbracciava. E lui si faceva abbracciare. Mentre cantava senza sosta e con un’energia straordinaria canzoni meravigliose.

Nick Cave ha perso un figlio quindicenne tre anni fa. Mi sembrava di cogliere come un legame con Anna, con un dolore che devasta e al tempo stesso purifica e aiuta a ritrovare il senso più profondo della vita.

Lagattallardo ti sono vicino. Davvero tanto. Non c’è mai nulla di virtuale in questo blog. E’ tutto talmente vero e diretto che posso dirti solo grazie per aver condiviso con noi un dolore così grande.

E ancora una volta ringrazio tutti voi. Per l’amore per Anna che trasmettete e si fa luce. Nei vostri messaggi ho trovato tanta forza e calore. Che meraviglia. Tutto è ancora bello on the widepeak quattro anni dopo. Tutto tranne il pensiero che Anna non può più essere qui, a emozionarsi e a cantare in un concerto di Nick Cave. Quanto sarebbe stata felice. Eppure l’8 novembre i miei occhi erano i suoi, e le mie orecchie le sue. E come nella bella poesia che Adriana ha condiviso posso dire “Il tuo cuore lo porto con me. Lo porto nel mio. Non me ne divido mai.” Grazie grazie. Vi voglio bene.

Voglio abbracciarvi in questo 20 novembre che torna e mi trova sempre un po’ impreparato ad accoglierlo. Un giorno in cui il ricordo si fa ogni anno più duro così come la gratitudine per Anna si fa con il tempo più grande, per la forza che mi dà a spingermi dove non avrei mai pensato di poter arrivare da solo.

Come a un concerto di Nick Cave.

Ancora una volta

Avevo iniziato a scrivere questo post in modo molto triste. Poi ho sentito quello che Anna avrebbe detto. “E no, eh, così è troppo facile. Così fai piangere tutti, e non è giusto.” Allora sono tornato a sorridere e ho iniziato a scrivere da capo.

Questo è il miracolo che Anna ha compiuto e rinnova ogni giorno. Di trasformare le cose in meglio. Di ritrovare la strada maestra anche nel buio più profondo. E ritrovando sé stessa cambiare il mondo. E con lei chi era ed è parte di quel mondo.

Tre anni. Comincia ad essere un bel pezzo di strada percorso senza di lei. Senza perdermi e ritrovando ancora la strada maestra. Ancora grazie a lei. Che quella strada non può percorrere più.

E allora avrei voglia di tornare lì, quegli ultimi giorni, accanto a quella ragazza piccola e indifesa, che aveva dato tutto se stessa e che non avrei più visto, e toccato, e abbracciato.

Tornare ad accudire il suo dolore per ricambiare il dono di averla incontrata e aver cambiato per sempre la mia vita.

Ecco, alla fine vi ho fatto piangere lo stesso.

E allora vi abbraccio tutti. E stando così, abbracciati e in silenzio, come facevamo a volte io e Anna, nei momenti di maggiore tristezza, a poco a poco, rimanendo così stretti, inizieremo a sorridere e a sentire che la vita, camminando insieme, è proprio bella.

Lì con noi

anna

Questa è una delle foto di Anna che amo di più. Ho pensato di condividerla con voi in questo giorno.

Parigi, novembre 2003, Cafè Le Rostand. Anna ha da poco compiuto 30 anni. Un anno dopo il nostro matrimonio, un anno prima della nascita di Sara. Dieci ancora da vivere, quattro senza la malattia.

Anna era felicissima. L’aspettavo ad un tavolino vicino la finestra del caffè con due birre e colsi questo suo sguardo.

Tornare a quella ragazza è stata per lungo tempo una delle cose più difficili per me, come se la dimensione di Anna malata mi impedisse di ricordare e accettare l’esistenza di un prima. Ma ora che siamo al dopo, mi è più dolce ritornare al prima, e tornare a guardare quella luce negli occhi.

C’è tutto in questa immagine. Il desiderio di vivere, di amare e di essere amata. E mi piace pensare che, fissando in quel preciso momento con il mio sguardo il suo, le ho dichiarato in un attimo il mio amore per sempre. Come un riconoscimento, già da allora, alla persona che ha cambiato la mia vita.

Ecco qui un pensiero per lei, in questo 20 novembre 2015, e un pensiero per voi, che così generosamente avete trasmesso a me e alle bambine la vostra vicinanza e il vostro calore negli ultimi due anni.

Anna non c’è. Ma Anna è qui. Il vuoto che è rimasto è colmato ogni giorno dalla pienezza dell’amore che abbiamo condiviso. Da ciò che allora già c’era e da lì in poi sarebbe stato.

Vi lascio questa foto, vi lascio ancora un po’ in compagnia di Anna. Ci siete già anche tutti voi in quello sguardo, e oggi porto anche voi lì con lei.

AT